In questi giorni in Campania e in tanti Comuni d’ Italia si stanno svolgendo varie manifestazioni per celebrare la XIV Giornata della memoria, ideata e organizzata dall’Associazione Libera di don Ciotti, che culminerà il 21 marzo a Napoli, dove stanno si daranno appuntamento migliaia di persone, in gran parte giovani, provenienti dal territorio italiano ( solo 500 da Palermo), ma anche dall’estero. Segno che le mafie sono diventate un problema internazionale a cui bisogna dare risposte in termini globali senza dimenticare la specificità delle mafie nazionali e locali.
Una specificità che va attenzionata dalle istituzioni ma soprattutto da quella marea indistinta, confusa, disorientata spesso contraddittoria, di persone in carne ed ossa che si usa spesso chiamare “società civile”, nella quale convivono contemporaneamente mafiosi, complici di mafiosi,indifferenti, collusi e simile genia, accanto ad onesti ed integerrimi cittadini e fedeli servitori dello Stato. Tutti accumunati dalla stessa etichetta di “ società civile” che ha fatto da terreno di coltura agli ispiratori, ai mandanti e agli esecutori dei più efferati crimini mafiosi, ma nella quale in questi ultimi decenni, dopo Capaci e via d’Amelio, è cresciuta anche la più profonda indignazione nei confronti dei mafiosi e della cultura che la sostiene, con una partecipazione sempre crescente a tutte le manifestazioni per la difesa della legalità. Una cultura della legalità sicuramente trasversale e sempre più diffusa, ma che in ogni caso non riesce ad esprimersi come “maggioranza” in termini politici. Non nel senso di schieramento politico di partiti o sue coalizioni, ma nel senso di riferimento a valori democratici, costituzionalmente fondati, tali da essere considerati riferimento condiviso dalla maggior parte dei cittadini italiani. Cosa evidente a tutti, come possiamo constatare nelle infinite polemiche su problemi come la sicurezza, laicità dello Stato, bioetica, riforma della magistratura, ecc.
Sul contrasto alle mafie la divergenza è stata anche più profonda, nella società e nelle Istituzioni, anche perché solo tardivamente si è riconosciuta la commistione tra apparati dello Stato e mondo criminale, tra politica, economia e sistemi mafiosi . Tante stragi, tanti morti si sarebbero potuti evitare, se lo Stato e la politica avessero preso coscienza di ciò a tempo debito.
Il 21 marzo, anche per queste ragioni, non può diventare l’ennesima manifestazione, seppure di massa, per una passerella di politici ed esponenti istituzionali che vogliono rifarsi una verginità, nel semplice ricordo dei morti ammazzati, ma una occasione preziosa di riflessione per costruire, insieme, al di là degli schieramenti partitici, una società basata veramente sulla legalità, in tutte le sue accezioni.
Solo con questo spirito, il “ dovere della memoria” (che la nostra società sente come obbligo nei confronti delle centinaia di vittime innocenti che ricordiamo, leggendone il nome ad uno ad uno, il 21 marzo) , e il “ diritto alla memoria”( che ci è dovuto, come società degli onesti - parenti di vittime o semplici cittadini) , potranno trovare concreta ed efficace accoglienza in ciascuno di noi.
In questa direzione va la proposta di Legge per riconoscere anche sul piano legislativo il 21 marzo come Giornata nazionale della memoria, firmata congiuntamente da un esponente del centrodestra, l’on. Granata (del PdL) e un esponente del centrosinistra, l’on. Giulietti, di IDV.
Peccato che a distanza di oltre 4 mesi dalla sua presentazione, questa proposta è ferma in commissione.
La manifestazione di Napoli e le centinaia di altre iniziative analoghe, come quella che si svolge a Piazza Armerina, in Sicilia, serviranno a farle fare un passo avanti? Me lo auguro.
Salvatore Roccaverde
Presidente Associazione Culturale “Premio Rocco Chinnici “ di Piazza Armerina ( Enna)