sabato 27 novembre 2010
Piazza Armerina. I parcheggi seminterrati? Uno scatolone di cemento di cui fare a meno
Personalmente ritengo l’infrastruttura “un’offesa urbanistica”, priva di utilità concreta per la città, un fardello per le casse comunali dal punto di vista economico in termini di gestione, in pratica un’ulteriore “baracca” pubblica in grado solo di generare ulteriori problemi di gestione all’ente. E tutto con il rischio che diventi un’incompiuta, almeno per un certo numero di anni. Motivo le mie tesi. 1) Un’offesa urbanistica: si tratterebbe dell’ennesima colata di cemento con gli ennesimi metri cubi di calcestruzzo tirati su in un’area storicamente di congiunzione tra il centro storico della città (Castellina e Casalotto) e la parte moderna del centro urbano (la zona nord). La piazza, attualmente capace di fare dialogare e mettere simbolicamente in comunicazione parte antica e nuova della città, verrebbe in parte soffocata. Lo sguardo di ampio respiro del pedone e del turista verso il centro storico dominato dalla cattedrale, in molti punti a ridosso del parcheggio seminterrato, verrebbe schiacciato dal cemento. Chi passerà da via Lo Giudice non vedrà più il Monte e la Castellina all’orizzonte, chi passerà da via Chiarandà non vedrà più il Casalotto e la villa Garibaldi. I piazzesi ricordano già la sostituzione storica di un pezzo interessante di verde pubblico di tutta quell’area con la realizzazione della struttura del cinema Ariston. Perché aggiungere altro cemento? 2) Priva di utilità concreta per la città: A che serve? Ad infilarci dentro le auto? Le stesse auto che andrebbero al suo interno oggi posteggiano sulla piazza. Le capitali europee vanno nella direzione di investire sulle piste ciclabili, sulla mobilità dolce, sul potenziamento dei mezzi di trasporto pubblici, e noi cosa facciamo? Spendiamo 3 milioni di euro per creare al coperto gli stessi parcheggi oggi presenti allo scoperto. Inoltre, come tutte le altre opere pubbliche degli ultimi anni, non sono in grado di portare lavoro in città. Chi si aggiudica i grossi cantieri in questa città sono sempre imprese non piazzesi. E tranne poche eccezioni le ricadute occupazionali sono state inesistenti. 3) La gestione: Ma vi immaginate il nostro Comune, incapace di tenere aperti dei semplici bagni pubblici, incapace di saper mantenere aperte le strutture pubbliche sportive per mancanza di personale, non in grado di assicurare da solo l’apertura del teatro Garibaldi, se non con una convenzione con un privato, pronto a gestire un parcheggio seminterrato. E i costi di manutenzione ordinaria e straordinaria qualcuno ci ha spiegato a quanto ammonteranno e con quali soldi verranno pagati? 4) I tempi e il rischio dell’incompiuta: Per costruire il “Green Point Stadium” di Città del Capo, in Sudafrica, capienza 66 mila spettatori, ci sono voluti tre anni e mezzo. Per il “Nelson Mandela Bay” di Port Elizabeth, sempre in Sudafrica, 46 mila spettatori, impianto alto 40 metri e diviso in sei livelli con un costo di 360 milioni di euro, sono bastati due anni e mezzo. Per i parcheggi seminterrati di piazza Falcone Borsellino, costo iniziale inferiore ai 2 milioni di euro, per la sosta di qualche centinaio di auto, 10 anni non sono bastati neanche per l’inizio della gara d’appalto. La conclusione è semplice e inevitabile. La nostra classe dirigente è incapace. Almeno su questa vicenda ha dimostrato di esserlo. E non ha nessuna importanza la puerile divisione di comodo del mondo in destra e sinistra. Si sono succedute diverse amministrazioni di ogni colore politico, ma il risultato è sempre stato lo stesso. La nuova infrastruttura non c’è. Si tratta di un dato di fatto. E di fronte a tanta inaffidabilità il rischio concreto sarà quello di ritrovarci con un’opera destinata a rimanere incompiuta per anni, tra polemiche, problemi al traffico, petizioni, interrogazioni, perizie di variante e ritardi in fase di esecuzione dei lavori. Del resto i lavori a Sant’Anna, “I luoghi della Cultura” o la Villa Romana, dimostrano la lentezza del “sistema Sicilia”. In conclusione: Al cemento preferisco le bancarelle degli ambulanti del giovedì mattina, in cui l’incontro fra domanda e offerta sia anche incontro fra persone, e storia di incontro tra vecchio e nuovo. All’ingombrante scatolone in calcestruzzo senza anima preferisco privilegiare l’agile libertà dell’occhio piazzese di muovere lo sguardo sulla storia della sua città. Roberto Palermo (Tratto dal settimanale Arai)