venerdì 6 febbraio 2009

Raid notturni al Chiello. I medici dell'Osp: "Situazione esplosiva". Ospedale come groviera, si entra e si esce da ogni parte.

La situazione è esplosiva e la Direzione è lontana. L’ospedale di Piazza Armerina è in balia da tempo di facinorosi, delinquenti, ladri, bravi che, nottetempo e senza ritegno, entrano nella struttura, sicuri di farla franca, e manomettono, scassinano, rubano. é accaduto perfino che, con atteggiamento malavitoso, hanno minacciato più o meno larvatamente il personale in diverse occasioni. Malviventi sconosciuti, s’introducono, impunemente e non visti, nei locali dell’ospedale e devastano i distributori delle bevande, l’edicola dei giornali, attaccano il bancomat, rubano le elemosine della cappella e mettono in preoccupazione il personale per la possibile escalation criminale. Dopo l’ennesima bravata accaduta stanotte, in cui hanno preso di mira due macchine del caffè e bibite e che si aggiunge alle numerose devastazioni avvenuta nelle settimane e nei mesi scorsi di cui la stampa ha dato notizia, il personale tutto si è allarmato e versa in somma preoccupazione, specialmente perché assiste impotente alla mancata soluzione del problema della sicurezza. A nulla sono valse le denuncie a mezzo stampa e gli appelli della direzione sanitaria alla direzione generale. Si assiste ad progressivo e costante diniego a voler risolvere il problema anzi si ha fa avanti negli animi la preoccupante certezza che nel disegno aziendale, assillato solo dal risparmio ad ogni costo e su tutti i fronti, la parola sicurezza non esista. Questa opinione è diffusa e nasce dal fatto che l’edificio ospedaliero è una specie di groviera dove si può entrare e uscire come niente. Tutti sanno quanto sia facile farlo dai quattro punti cardinali e il guaio è che hanno imparato a capirlo anche i delinquenti. Ma noi siamo dell’avviso che le responsabilità sono duplici e di diversa gravità: una è quella del ladro, che, superato il suo problema morale, non fa altro che il suo “mestiere”; l’altra, che riteniamo più grave, è quella di chi gli consente di esercitare quel mestiere che, come sappiamo, è socialmente pericoloso ed inaccettabile per la civile convivenza. Quando infatti, la Direzione ha consentito lo smantellamento del servizio di vigilanza che monitorava e registrava notte e giorno tutte le entrate mediante telecamere e monitor controllati da personale qualificato, non ha fatto altro che abbandonare la struttura ai malavitosi. Con un rapido giro per il nosocomio chiunque potrà rendersi conto dello stato di degrado e abbandono in cui versa la struttura: le porte esterne, nelle due entrate principali del piano zero e uno, sono rotte e così pure quelle che danno ai piani sotterranei, per non parlare di quelle del cosiddetto Corpo F da cui si può accedere dovunque. L’ospedale è un vero labirinto colabrodo dove chiunque è in grado di fare i propri comodi senza che, chi ne ha il dovere, intervenga. è ormai chiaro, dato che queste cose non accadono negli ospedali normali, che rispondono o meglio nuotano nel brodo di coltura di questa riforma sanitaria, a nostro avviso iniqua, che prevede la cancellazione di due ospedali (Piazza e Leonforte) in provincia di Enna. Infatti, poiché l’allarme delle popolazioni è alto, si preferisce lasciare morire di consunzione e di abbandono le due strutture. Il personale infermieristico e così pure i tecnici reperibili, non si sentono tutelati, specie di notte e già scrivono ai loro primari denunciando la situazione di pericolo. L’atmosfera che si respira infatti, è di separazione e disaffezione, quasi di rassegnazione. Molti guardano, ad onta delle lotte per evitarla, alla prossima chiusura dell’ospedale. I segnali ormai sono palesi, checché ne dicano i dirigenti dalla stanza dei bottoni: è stato detto e scritto che i reparti per acuti di questo ospedale saranno chiusi (cardiologia, chirurgia, ostetricia, pediatria, Orl, urologia, nefrologia, ortopedia, ecc.) e l’attività di media e alta complessità sarà trasferita nel nosocomio di riferimento (leggi Enna); non vi è alcuna certezza che resti un luogo di accoglienza per acuti, visto che non si comprende ancora la differenza tra urgenza ed emergenza; si vuole degradare il servizio di laboratorio ospedaliero e di radiologia, che attualmente sono H24, riducendoli a H12 o H6. è facilmente comprensibile come questa volontà sia funzionale al fatto che l’ospedale attuale, chiudendo i reparti per acuti, si ridurrà, come abbiamo già scritto varie volte, ad un luogo che tratterà solo pazienti cronici lungodegenti, farà day hospital e ambulatori e credo manterrà la cappella per sapere di volta in volta a che santo votarsi. Per questo oggi è avvenuta una riunione dei dirigenti i quali hanno esaminato lo stato dell’ospedale e hanno stilato un comunicato da consegnare alla direzione sanitaria esprimendo vive preoccupazioni e chiedendo la giusta attenzione per la messa in sicurezza del nosocomio. L’Osservatorio Sanitario Permanente intende intervenire presso il Sindaco e denunciare la situazione al Prefetto, non foss’altro perché i mali dell’ospedale non si fermano qui. Ma anche i pregi sono stati messi in evidenza in un documento che avrebbe dovuto leggere sia il Direttore generale che l’assessore regionale, ma che ormai, di fronte alla caparbia e prepotente volontà loro, perde verve e interesse.
Il direttore generale che, dall’alto delle sue certezze, ci taccia continuamente di vetero-cultura, di incapacità ad accettare le innovazioni, di arroccamento campanilistico, potrà gloriarsi finalmente di passare alla storia di Piazza per avere distrutto una storia ospitaliera che è stato il vanto e il riferimento delle nostre popolazioni dai secoli più remoti. I Piazzesi, ne sono certo, ne serberanno sempre un buon ricordo. Osservatorio Sanitario Permanente

Dai rovi al museo

Dai rovi al museo
Erano state arrotolate e gettate fuori dalla chiesa senza cornice, abbandonate tra i rovi. Adesso un restauro di 36 mila euro, durato ben 9 mesi, le ha riportate al loro originario splendore. Presentate dal settore Beni culturali della Diocesi quattro enormi tele appartenenti alla chiesa di Sant’Andrea, ritrovate cinque anni fa per caso dal parroco Enzo Ciulo. Si tratta di un “Sant’Andrea” del ‘600, “L’Immacolata”, datata 1603, e una “Deposizione”, anch’essa del XVII secolo, e un Sant’Andrea condotto al Martirio.

Sant'Andrea d'Avellino. Entro ottobre sarà restaurato con 10 mila euro delle casse comunali

Sant'Andrea d'Avellino. Entro ottobre sarà restaurato con 10 mila euro delle casse comunali
Sarà la società “Geraci Restauri” di Messina a procedere al restauro del quadro di Sant’Andrea di Avellino, la tela del XVIII secolo che presenta ai piedi del santo la raffigurazione della città, la prima vera fotografia storica del centro abitato piazzese, una sorta di mappa dell’originario agglomerato storico cittadino. La giunta ha affidato l’incarico per 10 mila euro, somma attinta dal fondo di riserva.

"Dio non è grande", il libro di Christopher Hitchens

"Dio non è grande", il libro di Christopher Hitchens
In nome della ragione, contro ogni intolleranza e fanatismo: un atto d’accusa, ma soprattutto un invito a riflettere.Hitchens affronta di petto le questioni e, analizzando lacune e incongruenze dei testi “sacri”, spiega ciò che è sotteso a norme e tabù, premi e castighi eterni, proponendo illuminanti esempi storici dai tempi più antichi a oggi. La sua è una serrata difesa della ragione e del laicismo contro la crudeltà resa legittima e “santa” in nome di una fede.

Corrado Augias e Vito Mancuso

Corrado Augias e Vito Mancuso
Credenti cattolici e atei razionalisti si sfidano a duello

"L'illusione di Dio", di Richard Dawkins

"L'illusione di Dio", di Richard Dawkins
Il biologo ed evoluzionista Richard Dawkins torna sul tema da sempre al centro dei propri studi: l’ateismo. E lo fa con un saggio dall’obiettivo esplicito: dimostrare l’inesistenza di quel Creatore a cui tutte le religioni, e in particolare i tre monoteismi, fanno riferimento. Già il provocatorio titolo, L’illusione di Dio, racchiude il nucleo delle argomentazioni di Dawkins: l’esistenza di un Creatore è un presupposto dogmatico, una verità indiscutibile in quanto “sacra”, ma non dimostrabile in alcun modo