lunedì 27 ottobre 2008

Piazza Armerina, città di scippi storici, invidie e vendette.

di Sebastiano Arena

Piazza Armerina, una cittadina che nel suo cammino storico ha avuto grandi fortune e molte invidie, subisce ancora una volta il triste destino di una classe politica dominante che la punisce e si vendica. é una specie di eterna maledizione che non riuscirà mai a scrollarsi di dosso poiché i difetti dei suoi abitanti sono innumerevoli e dannosi, mentre i pregi, che sono pure numerosi, non emergono e anzi suscitano rancore e rivalità nei paesi vicini e nei luoghi del potere provinciale e regionale. Questi giudizi sembrano apparentemente pregiudizi, ma alcuni fatti starebbero a dimostrare che sono veritieri. Chi, poi, avrebbe la forza di difendere la città, non lo fa e spesso gioca a far credere che lo fa. Quanto invece sono ammirevoli i politici di altri luoghi che, nel momento della necessità e dell’emergenza, testimoniano la loro appartenenza col sacrificio a volte eroico. Da noi rimane la vigliaccheria camuffata di “scuma”.
Non è il caso di rispolverare ab ovo le disgrazie di questa città, poiché è risaputo che l’arabo-normanna ‘Blâtsah fu pure distrutta per la sua dabbenaggine, nella seconda metà del sec. XII. Senza scorrere il rosario della sua storia interessante, ma infelice, voglio accennare soltanto alle vicende più recenti.
1812: Piazza, che aveva un posto nel Parlamento Siciliano, si fece rappresentare da un nobile palermitano che sconosceva la città che, dunque, fu scippata della provincia che invece fu attribuita a Caltanissetta.
1926: avvenne il 2° scippo della provincia. Piazza era, coi suoi 38.000 abitanti, fino al 1926, capoluogo di Circondario nella provincia di Caltanissetta e, stando al criterio di scelta del regime fascista di far diventare province i capoluoghi di Circondario, Piazza doveva essere scelta. Ma il fascismo, a cui la città era invisa a causa del suo vescovo Mario Sturzo (fratello maggiore di Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare) e dunque dichiarata sovversiva, fu sacrificata a favore di Enna, abitanti 30.000. Piazza venne sistematicamente spogliata di servizi e uffici a favore del nuovo capoluogo. I piazzesi non mossero un dito, neppure quando nel 1943, in contrada Soldano gli Starrabba ospitarono per alcuni mesi il Maggiore Poletti, capo dell’Amministrazione alleata in Sicilia, a cui i cittadini posero la questione della provincia, ma non lo fecero più di tanto. Eppure Poletti fece diventare provincia la città di Caserta, anch’essa considerata sovversiva dal Duce. I rapporti si fecero astiosi tra Piazza ed Enna e ancora i piazzesi ne avvertono la memoria nonostante il ricambio generazionale.
1994: ritorno alla carica per far chiudere l’ospedale cominciandolo a decurtarlo di posti-letto da 225 a 153. Il Piano sanitario regionale del tempo prevedeva che il Presidente della provincia prendesse contatti coi sindaci i quali, essendo i responsabili della salute pubblica dei Comuni, preparassero le modifiche del piano e le facessero pervenire alla sede provinciale. Non un solo esponente della sanità o un solo tecnico venne contattato, né una organizzazione sanitaria e il Sindaco del tempo si limitò ad attendere gli eventi. All'ospedale di Piazza venne indetta un'assemblea di tutte le organizzazioni sindacali sanitarie e di tutti i primari che esaminarono con preoccupazione e con scrupolo la problematica e diedero indicazioni sulla linea da seguire nella lotta per la salvezza dell'ospedale. Il Comitato, appositamente creato, diramò diversi comunicati-stampa che richiamassero l'opinione pubblica sul problema. A ciò seguì un Consiglio Comunale appositamente convocato che approvò all'unanimità un documento unitario nel quale si dichiarava la contrarietà del Consiglio Comunale e della cittadinanza alla diminuzione dei posti-letto e alla eliminazione dei Servizi di Cardiologia - Urologia - Nefrologia - Centro Trasfusionale - Otorinolaringoiatria. Il Sindaco del tempo trasmise subito questo documento al Presidente della Provincia. Il Colpo di scena avvenne a questo punto: l' Assessore Comunale alla Sanità uscì dal cilindro un progetto trasversale e affermò che questo rappresentava la proposta che l'Amministrazione comunale presentava alla Provincia. Il cosiddetto "progetto dell' Amministrazione" in pratica proponeva l'accorpamento dell' ospedale di Piazza con quello di Enna in modo da farne un' azienda unica, cioè trasformava il "Chiello" in una specie di succursale dell'ospedale di Enna.
Fortunatamente si levò un coro di protesta dalla cittadinanza, dagli operatori sanitari e da tutti i consiglieri comunali, affinché il Sindaco si mettesse a capo del dissenso con proposte serie e credibili e, dopo una serie di azioni di lotta condotte in città, presso l’Usl e davanti all’Assessorato di Palermo, il pericolo della chiusura fu scongiurato anche se i posti-letto furono ridotti.
2007: un nuovo Piano sanitario proposto dall’assessore regionale Lagalla, teso a razionalizzare la spesa e far rientrare la sanità siciliana dal deficit pauroso in cui è piombata, prevedeva la decurtazione in tutta l’Isola di circa 2800 posti-letto. Anche in quell’occasione avvenne la mobilitazione di tutta la Sicilia contro il Piano che, di fatto, mortificava tutta la sanità pubblica e privata. Anche in quell’occasione si comprese come l’ospedale di Piazza corresse il concreto pericolo di chiudere a causa della decurtazione del numero minimo dei posti-letto. Fu constatato come l’ospedale progressivamente e costantemente veniva abbandonato a se stesso e ad una lenta ed inesorabile agonia. Era la strategia vincente di cui ancora se ne subiscono le conseguenze: gli ascensori non venivano riparati, le telecamere e il servizio di sorveglianza venne smantellato, il bar chiuso, tutti i numerosi ingressi al nosocomio rimanevano aperti notte e giorno e in balia dei malintenzionati e dei vandali, ogni richiesta elementare veniva disattesa. Già un anno addietro i progetti per il cosiddetto risparmio di gestione prevedevano che, se un medico andava in quiescenza, non veniva sostituito e capitava pure che un secondo medico in interdizione per malattia non veniva sostituito. Capitava pure che dall’oggi al domani, un medico da un reparto veniva trasferito ad un altro senza alcun preavviso. Capitava pure che il risparmio venisse caricato sulle spalle dei cittadini anziani o meno abbienti ai quali era ridotta la fornitura degli ausili e presidi. Si creò nel nostro ospedale un’atmosfera di prevaricazione usata a colpi di ordini di servizio iniqui e illogici e di cui non si rispondeva a nessuno. Veniva usata la semplice e feroce logica di sfiancare i dipendenti, soprattutto medici ed infermieri, che invece di poter lavorare con dignità e con la necessaria serenità che il loro lavoro esige, finivano con l’essere stressati, mortificati e delusi, consapevoli di non svolgere come volevano quel lavoro etico che è la professione sanitaria. Tuttavia, dopo le solite e sfiancanti lotte, con la costituzione dell’Osservatorio Permanente Ospedaliero, un Comitato cittadino e con l’appoggio del Consiglio comunale, si ebbero alcuni mesi di tregua.
2008. A Palermo fu sostituito l’assessore Lagalla con l’assessore Massimo Russo, un magistrato prestato alla politica, il quale, sulla scorta del piano Lagalla volle dimostrare ai tecnici ministeriali quanto virtuosa e volenterosa fosse la nostra Isola al fine di risanare il suo deficit. Così fece preparare un nuovo progetto di rimodulazione della rete ospedaliera ancora più restrittivo e penalizzante, che prevede una riduzione di 5.702 posti letto anziché 2.800 come programmato inizialmente nel piano. Il resto è storia nota. Per la provincia di Enna sono previsti soltanto 365 posti-letto a fronte dei 718 assegnati, l’unificazione dei 4 nosocomi in due ospedali (Nicosia ed Enna), la sospensione dei due ospedali per acuti di Piazza e Leonforte , la creazione di due presidi territoriali di assistenza a Piazza e Leonforte.
A Piazza in particolare è stato effettuato lo scippo maggiore: si e no avrà una quarantina di posti-letto per fare Medicina generale e Lungodegenza, Dialisi; la Chirurgia e l’Urologia saranno degradate a Five Week Surgery, vi sarà qualche ambulatorio, un centro di accoglienza mascherato da Pronto Soccorso, alcuni servizi territoriali. Perderà la Cardiologia, l’Otorinolaringoiatria, la Pediatria, l’Ostetricia e l’Ortopedia, il Centro trasfusionale e altri servizi che saranno centralizzati. No so se è poco! Lo scippo a lungo meditato giunge al suo perfezionamento.
Piazza Armerina, che ha difeso coi denti in questi anni il suo ospedale, stavolta non soccombe sotto le picconate di Enna, ma sotto quelle ben più potenti di Caltagirone. Potenza della politica! Vi ricordate che quel gentiluomo di assessore comunale Innocenzo Di Carlo che alcune settimane addietro invitò al Consiglio i sindaci del bacino d’utenza del nostro distretto? Ebbene, quelli erano i sindaci di Mirabella, S. Michele di Ganzaria e San Cono, centri del distretto sanitario di Caltagirone, ma che utilizzavano molto il nostro ospedale. Non si presentarono e si capisce il perché. L’ospedale di Caltagirone ora può respirare, giustizia è fatta! Finalmente Piazza, che con la sua posizione geografica lungo l’asse Caltagirone-Enna toglie il disturbo per far posto agli avvoltoi che divideranno le sue spoglie. Viva le Quattro Erre dell’assessore Russo sbandierate ai quattro venti: responsabilità, regole, rigore e risultati! Peccato che le prime tre le abbia eluse in partenza. Il destino della quarta è prevedibile: una discreta sanità concentrata nell’ambito dei grandi centri metropolitani. Per l’altra Sicilia solo danni e delusioni.

Dai rovi al museo

Dai rovi al museo
Erano state arrotolate e gettate fuori dalla chiesa senza cornice, abbandonate tra i rovi. Adesso un restauro di 36 mila euro, durato ben 9 mesi, le ha riportate al loro originario splendore. Presentate dal settore Beni culturali della Diocesi quattro enormi tele appartenenti alla chiesa di Sant’Andrea, ritrovate cinque anni fa per caso dal parroco Enzo Ciulo. Si tratta di un “Sant’Andrea” del ‘600, “L’Immacolata”, datata 1603, e una “Deposizione”, anch’essa del XVII secolo, e un Sant’Andrea condotto al Martirio.

Sant'Andrea d'Avellino. Entro ottobre sarà restaurato con 10 mila euro delle casse comunali

Sant'Andrea d'Avellino. Entro ottobre sarà restaurato con 10 mila euro delle casse comunali
Sarà la società “Geraci Restauri” di Messina a procedere al restauro del quadro di Sant’Andrea di Avellino, la tela del XVIII secolo che presenta ai piedi del santo la raffigurazione della città, la prima vera fotografia storica del centro abitato piazzese, una sorta di mappa dell’originario agglomerato storico cittadino. La giunta ha affidato l’incarico per 10 mila euro, somma attinta dal fondo di riserva.

"Dio non è grande", il libro di Christopher Hitchens

"Dio non è grande", il libro di Christopher Hitchens
In nome della ragione, contro ogni intolleranza e fanatismo: un atto d’accusa, ma soprattutto un invito a riflettere.Hitchens affronta di petto le questioni e, analizzando lacune e incongruenze dei testi “sacri”, spiega ciò che è sotteso a norme e tabù, premi e castighi eterni, proponendo illuminanti esempi storici dai tempi più antichi a oggi. La sua è una serrata difesa della ragione e del laicismo contro la crudeltà resa legittima e “santa” in nome di una fede.

Corrado Augias e Vito Mancuso

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Credenti cattolici e atei razionalisti si sfidano a duello

"L'illusione di Dio", di Richard Dawkins

"L'illusione di Dio", di Richard Dawkins
Il biologo ed evoluzionista Richard Dawkins torna sul tema da sempre al centro dei propri studi: l’ateismo. E lo fa con un saggio dall’obiettivo esplicito: dimostrare l’inesistenza di quel Creatore a cui tutte le religioni, e in particolare i tre monoteismi, fanno riferimento. Già il provocatorio titolo, L’illusione di Dio, racchiude il nucleo delle argomentazioni di Dawkins: l’esistenza di un Creatore è un presupposto dogmatico, una verità indiscutibile in quanto “sacra”, ma non dimostrabile in alcun modo