PIAZZA ARMERINA. Non pagati, umiliati e beffati. Il 29 settembre riprende il processo che vede imputati 37 netturbini piazzesi con l'accusa di interruzione di pubblico servizio. Il processo accorpa due distinte indagini riguardanti altrettanti momenti caldi della protesta scoppiata tra il 2005 e il 2006 presso i capannoni ex Siet. “Gli elementi in nostro possesso ci fanno ritenere che non ci siano i presupposti che possano supportare la tesi dell’accusa”, spiega l’avvocato Ferrante, difensore di circa 25 dei 37 imputati. Il dibattimento al tribunale di Enna, fissato a partire dalle 9, è relativo al periodo in cui gli operai erano ancora dipendenti della Siet, la società che fino a qualche anno fa si occupava della raccolta dei rifiuti solidi urbani in città. Il processo accorpa due distinte indagini riguardanti altrettanti momenti caldi della protesta scoppiata tra il 2005 e il 2006, quando il continuo ritardo nell’arrivo delle buste paga portò le maestranze a battere per diverse settimane la strada della protesta sindacale.
Il primo episodio contestato dalla Procura
La prima indagine riguarda la protesta del 6 ottobre 2005, quando i lavoratori chiedevano il pagamento degli stipendi di agosto e settembre dello stesso anno. Ad effettuare le indagini, tra i capannoni di contrada Bellia, furono gli agenti del commissariato. I dipendenti Siet “in stato di agitazione sindacale, si posizionavano sulla porta carraia della sede della Siet così impedendo agli altri lavoratori non aderenti alla manifestazione di prestare servizio e di utilizzare i mezzi di servizio”. Così recitano le accuse della Procura della Repubblica di Enna.
Il secondo
Il secondo episodio sotto la lente di ingrandimento della magistratura inquirente quello del 6 febbraio 2006, quando a mancare all’appello erano stati gli stipendi di novembre, dicembre e gennaio. Qui l’indagine è scattata perché, sempre secondo gli investigatori, i dipendenti “posizionavano i mezzi della società sulla porta carraia della sede della Siet, li chiudevano a chiave, si posizionavano nello stesso luogo, così impedendo agli altri lavoratori non aderenti alla manifestazione di prestare servizio e di utilizzare i mezzi di servizio”.
“Le cose non stanno esattamente così e lo dimostreremo, assurdo finire processati solo per aver chiesto di essere pagati”, ribattono gli operai, i quali sottolineano come non ci sia stata alcuna interruzione di pubblico servizio. A finire sotto processo anche il sindacalista Luigi Bascetta, delegato territoriale dei Cobas. Il processo è iniziato il 29 ottobre.