Il vino di Polifemo sbarca all’Expo di Milano,
passando per la Villa Romana del Casale. Presentato ieri in tarda mattinata al
Padiglione Italia il progetto che nella sua fase finale dovrebbe portare
accanto al sito Unesco alla produzione di oltre 2 mila litri di vino all’anno,
un vitigno che profuma di storia, almeno nell’intenzione dei progettisti.
Obiettivo della scommessa è individuare i vitigni autoctoni coltivati nel IV
secolo nella zona del sito archeologico, per poi impiantarli vicino al sito
Unesco e produrre vino con sapori e profumi il più vicino possibile a quelli
del periodo in cui la dimora romana venne costruita e abitata. Del resto una
delle scene musive più suggestive che i turisti possono ammirare ogni giorno,
guardando i pavimenti a mosaico di contrada Casale, è proprio quella in cui il
gigante Polifemo, seduto all’interno della grotta, circondato da pecore e
capre, si appresta a ricevere la coppa piena di vino portatagli dall’astuto
Ulisse. Scena musiva del sito archeologico che potrebbe diventare presto
l’immagine simbolo del vino stesso prodotto e imbottigliato grazie alla
partnership e finire proprio sull’etichetta. L’iniziativa prende le mosse dalle
analisi palinologiche effettuate sugli strati del sottosuolo del sito archeologico,
utilizzando i più moderni strumenti offerti dalla scienza che studia i pollini
e le spore. Lo hanno spiegato all’Expo il direttore del Parco Archeologico
della Villa Romana, l’architetto Rosa Oliva, e docenti coinvolti nella fase di
ricerca. Studi effettuati dal dipartimento del museo di Paleobiologia e
dell’Orto Botanico dell’università di Modena e Reggio Emilia. La relazione ha
messo in evidenza tracce significative di polline che indicano la presenza
nella zona secoli fa, quando il “dominus” viveva nella sua lussuosa dimora, di
vasti vigneti. Lo studio verrà esteso al confronto con i vitigni impiegati
attualmente in agricoltura per valutare quelli da impiantare in un terreno
accanto alla Villa Romana e ottenere così un vino che più si avvicini a quello
consumato nel quarto secolo avanti Cristo. Il lavoro sui pollini “storici”,
quindi, dovrà finire dentro una botte, e poi da qui dentro una bottiglia di
vetro con tanto di marchio del sito Unesco, e quindi a tavola. Partnership
siglata tra Comune, Parco Archeologico e l’istituto Professionale per
l’Agricoltura e lo sviluppo rurale di Aidone per riportare tra le colline del
sito Unesco lo stesso “nettare degli dei” prodotto sedici secoli fa. “Il vino
di Polifemo” è finanziato dal Ministero per i Beni e le attività culturali,
utilizzando i fondi della legge 77/2006 per la valorizzazione dei siti Unesco
italiani. Si parla a regime di 22 ettolitri l’anno prodotti sul posto.
Un’operazione di carattere scientifico, storico e anche di marketing per contribuire
a rilanciare il sito archeologico, associando alla storia dei mosaici quella
della buona tradizione enogastronomica. (Giornale di Sicilia - 6 luglio 2015)martedì 7 luglio 2015
Piazza Armerina. Villa Romana, il vino che profuma di storia va all'Expo
Il vino di Polifemo sbarca all’Expo di Milano,
passando per la Villa Romana del Casale. Presentato ieri in tarda mattinata al
Padiglione Italia il progetto che nella sua fase finale dovrebbe portare
accanto al sito Unesco alla produzione di oltre 2 mila litri di vino all’anno,
un vitigno che profuma di storia, almeno nell’intenzione dei progettisti.
Obiettivo della scommessa è individuare i vitigni autoctoni coltivati nel IV
secolo nella zona del sito archeologico, per poi impiantarli vicino al sito
Unesco e produrre vino con sapori e profumi il più vicino possibile a quelli
del periodo in cui la dimora romana venne costruita e abitata. Del resto una
delle scene musive più suggestive che i turisti possono ammirare ogni giorno,
guardando i pavimenti a mosaico di contrada Casale, è proprio quella in cui il
gigante Polifemo, seduto all’interno della grotta, circondato da pecore e
capre, si appresta a ricevere la coppa piena di vino portatagli dall’astuto
Ulisse. Scena musiva del sito archeologico che potrebbe diventare presto
l’immagine simbolo del vino stesso prodotto e imbottigliato grazie alla
partnership e finire proprio sull’etichetta. L’iniziativa prende le mosse dalle
analisi palinologiche effettuate sugli strati del sottosuolo del sito archeologico,
utilizzando i più moderni strumenti offerti dalla scienza che studia i pollini
e le spore. Lo hanno spiegato all’Expo il direttore del Parco Archeologico
della Villa Romana, l’architetto Rosa Oliva, e docenti coinvolti nella fase di
ricerca. Studi effettuati dal dipartimento del museo di Paleobiologia e
dell’Orto Botanico dell’università di Modena e Reggio Emilia. La relazione ha
messo in evidenza tracce significative di polline che indicano la presenza
nella zona secoli fa, quando il “dominus” viveva nella sua lussuosa dimora, di
vasti vigneti. Lo studio verrà esteso al confronto con i vitigni impiegati
attualmente in agricoltura per valutare quelli da impiantare in un terreno
accanto alla Villa Romana e ottenere così un vino che più si avvicini a quello
consumato nel quarto secolo avanti Cristo. Il lavoro sui pollini “storici”,
quindi, dovrà finire dentro una botte, e poi da qui dentro una bottiglia di
vetro con tanto di marchio del sito Unesco, e quindi a tavola. Partnership
siglata tra Comune, Parco Archeologico e l’istituto Professionale per
l’Agricoltura e lo sviluppo rurale di Aidone per riportare tra le colline del
sito Unesco lo stesso “nettare degli dei” prodotto sedici secoli fa. “Il vino
di Polifemo” è finanziato dal Ministero per i Beni e le attività culturali,
utilizzando i fondi della legge 77/2006 per la valorizzazione dei siti Unesco
italiani. Si parla a regime di 22 ettolitri l’anno prodotti sul posto.
Un’operazione di carattere scientifico, storico e anche di marketing per contribuire
a rilanciare il sito archeologico, associando alla storia dei mosaici quella
della buona tradizione enogastronomica. (Giornale di Sicilia - 6 luglio 2015)Dai rovi al museo
Erano state arrotolate e gettate fuori dalla chiesa senza cornice, abbandonate tra i rovi. Adesso un restauro di 36 mila euro, durato ben 9 mesi, le ha riportate al loro originario splendore. Presentate dal settore Beni culturali della Diocesi quattro enormi tele appartenenti alla chiesa di Sant’Andrea, ritrovate cinque anni fa per caso dal parroco Enzo Ciulo. Si tratta di un “Sant’Andrea” del ‘600, “L’Immacolata”, datata 1603, e una “Deposizione”, anch’essa del XVII secolo, e un Sant’Andrea condotto al Martirio.
Sant'Andrea d'Avellino. Entro ottobre sarà restaurato con 10 mila euro delle casse comunali
Sarà la società “Geraci Restauri” di Messina a procedere al restauro del quadro di Sant’Andrea di Avellino, la tela del XVIII secolo che presenta ai piedi del santo la raffigurazione della città, la prima vera fotografia storica del centro abitato piazzese, una sorta di mappa dell’originario agglomerato storico cittadino. La giunta ha affidato l’incarico per 10 mila euro, somma attinta dal fondo di riserva.
"Dio non è grande", il libro di Christopher Hitchens
In nome della ragione, contro ogni intolleranza e fanatismo: un atto d’accusa, ma soprattutto un invito a riflettere.Hitchens affronta di petto le questioni e, analizzando lacune e incongruenze dei testi “sacri”, spiega ciò che è sotteso a norme e tabù, premi e castighi eterni, proponendo illuminanti esempi storici dai tempi più antichi a oggi. La sua è una serrata difesa della ragione e del laicismo contro la crudeltà resa legittima e “santa” in nome di una fede.
Corrado Augias e Vito Mancuso
Credenti cattolici e atei razionalisti si sfidano a duello
"L'illusione di Dio", di Richard Dawkins
Il biologo ed evoluzionista Richard Dawkins torna sul tema da sempre al centro dei propri studi: l’ateismo. E lo fa con un saggio dall’obiettivo esplicito: dimostrare l’inesistenza di quel Creatore a cui tutte le religioni, e in particolare i tre monoteismi, fanno riferimento. Già il provocatorio titolo, L’illusione di Dio, racchiude il nucleo delle argomentazioni di Dawkins: l’esistenza di un Creatore è un presupposto dogmatico, una verità indiscutibile in quanto “sacra”, ma non dimostrabile in alcun modo